
Sportarsi da una città all’altra in un paese straniero potrebbe essere molto agevole, ma anche molto complicato, a volte addirittura molto rischioso.
Un servizio di trasporto pubblico o privato che collega due città, bene o male lo si trova sempre, anche nei paesi meno sviluppati. Tuttavia, si può anche optare per un servizio, pubblico o privato, locale, ovvero al di fuori dei trasporti convenzionali di uso comune o turistico, e le ragioni per i residenti possono essere le più svariate, come ad esempio i costi, o la capillarità dei servizi locali che a differerenza di quelli regionali o nazionali tendono a coprire altre tratte altrimenti scoperte. La domanda che sorge spontanea è: perché mai dovrei prendere un servizio locale? Se posso percorrere una tratta in breve tempo, in comodità e sicurezza, perché mai dovrei optare per un servizio molto scomodo, poche informazioni, e con tempi di percorrenza triplicati? Non sarebbe meglio arrivare il prima possibile a destinazione per riprendere la vacanza anziché perdere ore per uno spostamento e per giunta spesso senza “vedere niente”?

Or bene, questa seconda scelta è esattamente quella che faccio io. Il motivo che mi spinge a ricercare e quindi a spostarmi in modo non convenzionale per uno straniero, è perché nel mio viaggio-tipo, gli spostamenti sono parte imprescindibile dell’esperienza di viaggio, e rappresentano per me una delle “cose da fare”.
Certo può significare un monumento in meno da vedere a volte, ma tanta vita in più. È stato quello che scelsi di fare quando dovevo sportami tra due località nel nord della Cambogia; potevo scegliere tra un autobus diretto o una macchina privata e raggiungere la mia meta in 2 ore, ma, scelsi di arrivarci alla vecchia maniera (secondo la loro tradizione prima delle strade pubbliche, e sopratutto passando per quei villaggi raggiungibili solo con i mezzi locali capillari) ovvero, navigando la tratta con una “barcaccia” con motore a scoppio, con elica a pelo d’acqua su di un fiume, con un orario di partenza difficile da reperire perchè noto ai residenti, essendo un servizio di trasporto a loro riservato (non ci sono indicazioni per strada per intenderci) e con un orario di arrivo indicativo che poteva variare anche di molte ore a seconda del viaggio. In pratica, per percorrere 150 chilometri, anziché metterci le due ore stimate via terra, impiegai 7 ore.

Con il senno del poi, posso affermare che questo spostamento (uno dei tanti “strani” fatti a giro per il mondo in questo modo) è stata la vera meta di quel viaggio. È tutto qui il mio concetto di viaggio, che non ha una meta, perché esso stesso è meta. Un viaggio nel viaggio.
Questo spostamento in particolare, è stato uno dei più intensi e belli di sempre, tra i contadini che popolano il fiume abitando le palafitte che si ereggono sulle canne di bambù lungo tutto il percorso, la pausa “caffè” in un abitazione galleggiante con riso e salse non ben identificate, la pausa pipì su una palafitta fronte fiume, gli imprevisti dell’elica dell’imbarcazione che, riempitasi di foglie, doveva essere liberata per poter ripartire, i coccodrilli, i cespugli che in alcuni punti stretti coprivano completamente il corso d’acqua, il sole preso sul tetto della barca senza alcuna protezione o maniglia per reggersi, le soste per caricare e scaricare la merce…

to be continued….